Centri Diurni e Aperti
La collaborazione dell'associazione “Terra dei Popoli” con il Comune di Verona nell'offerta di mediazione linguistico-culturale all’interno dei Centri Diurni e Aperti.
L'Associazione è una realtà costituitasi nel 2002 e composta prevalentemente da donne provenienti da paesi europei, africani, orientali e dell’America Latina.
Tra i suoi obiettivi ha anche quello di collaborare con Enti e Istituzioni in ambito socio-educativo.
Da un punto di vista professionale, i soci contano anche su una lunga esperienza in qualità di educatrici, di operatrici dell'assistenza, di esperte nella formazione in ambito socio-educativo, socio-sanitario, legislativo e amministrativo per le pratiche in materia di immigrazione.
La collaborazione con il Comune di Verona è iniziata nel 2002 a partire da una proposta dell’ Assessorato Cultura delle differenze Pari Opportunità all'interno delle esperienze progettuali denominate “Transiti e scambi” dove il progetto “Narrazioni: storie di donne mediatrici di cultura” (che nella forma teatrale aveva come titolo “Quello che ancora non ti ho detto”) portava la ricchezza narrativa elaborata insieme da un gruppo di circa venti donne provenienti da diversi paesi.
Dal 2006 tale progetto è gestito e portato avanti da “Terra dei Popoli” e questo ha permesso che la ricchezza del dispositivo della narrazione si intrecciasse con le competenze operative di mediazione nei vari ambiti nei quali opera.
L’esperienza di narrazione si è poi sviluppata all’interno di contesti educativi per la prima infanzia e per ragazzi di seconda generazione nei centri diurni, nelle scuole oltre che in laboratori e performance specifiche realizzate da altre organizzazioni quali movimenti e reti di famiglie aperte all’accoglienza.
Da questo laboratorio nasce la proposta “Tante storie nessuna storia”, per far circolare tra bambini/ragazzi esperienze vecchie e nuove identità. Da qui si pone l’obiettivo approfondire la domanda fondante: Cosa succede quando una giovane vita si costruisce tra due terre, tra due identità?
In questo senso, tre anni fa, in dieci Centri Diurni e due Centri Aperti, si è avviata la collaborazione con i contesti sociali territoriali del Comune di Verona.
L' esperienza di quell'anno ha incontrato:
– circa 170 ragazzi, molti di loro di origine straniera provenienti in maggioranza dall'Africa, specialmente dalla Nigeria e dal Ghana, ma anche da altre zone come il Magreb, l'Europa dell'Est, l'Asia e l'America Latina.
– 34 educatori dei vari centri ed alcuni genitori (a richiesta degli educatori e sopratutto per le situazioni più complesse).
Iniziata la relazione in questi contesti diventava importante approfondire e lavorare sulle relazioni intergenerazionali. Si è evidenziato che le migrazioni come sistemi familiari sono alla base della sperimentazione che si prospettava anche per il futuro. La famiglia immigrata, nella varietà delle sue origini etniche, è venuta a fare parte del complesso mosaico della società italiana contemporanea. Focalizzare l’attenzione, anziché sui singoli individui, sulla famiglia e le sue relazioni interne ed esterne, può significare aspetti poco conosciuti del fenomeno migratorio.
Non abbiamo voluto lavorare sugli aspetti “investigativi” e di “segnalazione” delle specifiche situazioni familiari ma su storie libere e creative che ciascuno portava nei contesti.
Lavorare sul racconto è attingere al vastissimo repertorio delle storie di valigie e valigie di storie, personali, familiari e di gruppo e con loro aprire una diversa visione del mondo.
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“Le seconde generazioni sulla soglia”
Quella della soglia è un’immagine che è quasi indispensabile evocare per far comprendere la condizione nella quale si trovano realmente a vivere coloro per i quali siamo soliti usare la formula di seconda generazione. Stando sulla soglia non si è né di qua né di là. O forse meglio, si è contemporaneamente prossimi a due mondi molto diversi e talora non conciliabili. Non è un luogo in cui si dia una sosta statica, quanto quello di un continuo passaggio. Ma un passaggio nei due sensi. In quanto tale, la soglia è luogo di una pratica: attraversandola si diviene, almeno in parte, qualcosa di diverso da quando la si guardava dall’interno o dall’esterno dello spazio a cui essa dà accesso. La soglia può essere percorsa avanti e indietro, ma a volte tale movimento si arresta a pochi passi dallo stipite. Né l’uno né l’altro dei luoghi sembrano realmente accoglienti e si resta nei pressi della soglia sempre in movimento, forse senza poter avviare un vero percorso. Tale situazione è ben nota a chi vive nella migrazione e probabilmente ancor più a chi fa parte delle cosiddette seconde generazioni, riconoscibile nella difficoltà quotidiana a trovare un buon equilibrio tra la propria vita all’interno, dove vivono il padre e la madre, i fratelli, le sorelle, i figli, e il mondo esterno.
Khalid Rhazzali, in Generazioni alla Seconda”, “Trickster, Rivista del Master in Studi interculturali Pd 2008
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Nel 2012 il lavoro all’interno dei centri (sei centri diurni e tre centri aperti), si è sviluppato quasi esclusivamente in laboratori/colloqui con vari nuclei familiari e gli educatori, costruendo una sorta di “indagine conoscitiva e osservazione partecipata” sulle famiglie.
Questa tappa ha avuto il compito di sensibilizzazione e di formazione su argomenti legati ai processi migratori, sui sistemi familiari e sul riconoscimento della necessità di costruire chiavi di lettura e linee propositive per affrontare le varie situazioni che ad un primo sguardo appaiono incomprensibili.
Gli approfondimenti e le discussioni con gli educatori hanno orientato al ragionamento, sensibilizzazione sull’importanza della relazione con i genitori, tante volte considerata da loro come problematica.
Inoltre, è importante considerare un futuro intreccio di relazioni con le comunità migranti e la città di Verona, sopratutto sulle tematiche legate ai sistemi familiari nella migrazione , la cura dei bambini, le nuove generazioni e la condizione della donna.
Rispetto all’esperienza dello scorso anno dove si è lavorato in:
sei Centri Diurni e
tre Centri Aperti, dei quali uno in Provincia;
Per l’annualità 2012 - 2013 il numero dei Centri che hanno richiesto la partecipazione al percorso è aumentato e cioè:
dodici Centri Diurni
tre Centri Aperti
L’ipotesi progettuale è stata quella di focalizzare e approfondire la relazione con la famiglia attraverso laboratori di parole e riflessioni con loro sulla genitorialità e quali possono essere gli elementi caratterizzanti degli aspetti sociali e culturali della vita di un ragazzo/giovane di seconda generazione